Come hai iniziato a giocare a football, e come sei arrivato ai Guelfi?
Io ho cominciato a giocare. Football direttamente nel 2002, quando i Guelfi erano già stati fondati, e si allenavano all’Audace Legnaia, in un campo di sola sabbia praticamente. Iniziai con un mio amico che conosceva di già Matteo Giorgi, e da lì ho iniziato, sempre come linea di difesa.
La prima partita la feci a Cagliari, mi ricordo che spesi una roba come 150mila lire fra aereo e viaggio e feci tipo tre azioni, in un campo sperduto in periferia, ma quella trasferta rimase negli annali ed io ormai mi ero innamorato del football. Le trasferte ai quei tempi erano molto arrangiate, mi ricordo una volta andammo a Bologna con un pulmino che non aveva nemmeno la portiera che si chiudeva, quindi dovevamo tenerla per tutto il viaggio per non farla aprire. Nel 2002, il mio primo anno, perdemmo in finale contro i Titans Romagna, ma negli anni successivi ci rifacemmo con le vittorie del 2003 e del 2005. Da quel momento entrai nel giro della Nazionale, fino ad arrivarmi a giocare gli Europei nel 2009, in Austria, insieme a Death Petrucci e a Benoni. Nel 2012 poi inizia un pò a staccarmi con l’arrivo della prima figlia e nel 2015, con la seconda figlia presi proprio una pausa, da cui son ritornato nel 2019, anno in cui siamo arrivati a giocarci l’Italian Bowl contro i Seamen. L’anno scorso mi sono rotto il tendine di Achille, ma l’idea è quella di ritornare a giocare, almeno fino al 2022 se mi riuscisse, per concludere il mio personale “ventennale” di football.
C’è un ricordo che spicca di questi anni ai Guelfi?
Ce ne sono tanti, sicuramente le finali a cui abbiamo partecipato sono bellissimi ricordi, anche quelle che abbiamo perso; l’importante è vivere di ricordi e non di rimpianti, ma ci sono tanti ricordi e tanti episodi belli in questi anni
Sei uno dei pochi dei Guelfi ad aver vissuto a pieno la Nazionale, secondo te come si è evoluta la situazione Nazionale in questi anni?
Penso che nei primi anni in cui giocavo io , in Nazionale si vivesse un pò troppo di ricordi, di quei bei tempi che furono, ma come successo per i Guelfi, c’è stato un bel ricambio generazionale in questi ultimi anni. Sono aumentati a dismisura gli strumenti a disposizione sia per i giocatori sia per gli allenatori, e quindi il livello dei giocatori in generale e quindi della nazionale si è alzato rispetto a prima. La possibilità di fare camp insieme in nazionale ha aiutato molto, perché i migliori vanno ad allenarsi con i migliori, allenati dai migliori coach possibili, alzando così il livello generale.
Se ti chiedessi il più forte con cui hai mai giocato, c’è qualcuno che spicca rispetto agli altri?
CI sarebbero tanti nomi da fare, ma ti posso dire che non mi sono mai trovato così bene a giocare come mi son trovato con la linea difensiva dei Guelfi nelle stagioni dal 2002 al 2005; eravamo fortissimi insieme, e tutti ci temevano ed infatti riuscimmo poi vincere un paio di campionati in quegli anni. Negli anni poi sono arrivati molti altri giocatori forti, come ad esempio Andrea Benoni, uno dei più forti di sempre, ma anche “Death”; ogni situazione aveva i suoi giocatori forti: nei primi duemila in attacco giocava Giuliano Belli, che insieme a Mannatrizio era uno dei più forti, ma fare un solo nome sarebbe ingiusto per tutti i grandi giocatori con cui ho avuto il piacere di dividere il campo
Se invece guardiamo un pò più in generale ai Guelfi, secondo te con potrebbe aiutare a fare il definitivo salto di qualità?
Inutile girarci intorno: nel football Italiano in generale c’è un problema a livello finanziario, ma è importante soprattutto investire bene. Penso che il percorso iniziato dai Guelfi sia quello giusto, con un forte investimento sulle giovanili, che dovranno essere il “serbatoio” da cui accingere in futuro, perché servono si anche giocatori forti provenienti da altre squadre, ma è importantissimo accrescere la base; penso che sia importante anche espandere la conoscenza di base, a livello tecnico e tattico, perché il football non ha solamente i giocatori, ma anche e soprattutto coach, Assistant coach, ed avere una buona base anche sotto quel punto di vita, con giocatori che magari una volta appeso casco ed armatura al chiodo, iniziano ad allenare, è fondamentale, perché il livello di partenza, grazie alle esperienze come giocatori, sarà sicuramente più alto rispetto a qualcuno che non è mai stato in campo.
Il percorso è quello giusto, visto anche il miglioramento delle strutture a disposizione, con il GSC che è un gioiellino rispetto a dove ci allenavamo noi qualche non fa, adesso manca veramente poco al definitivo salto di qualità