Come sei entrato nel mondo del football, e come sei arrivato poi ai Guelfi?
Ho iniziato a giocare perché quando ero alle superiori avevo un compagno di classe che aveva iniziato a giocare e mi convinse ad andare a provare; ai tempi giocavo a calcio quindi uno sport completamente differente, ed un pò per sfida un pò per provare qualcosa di nuovo andai al campo e da lì non ho più smesso.
Ho iniziato a giocare nell ’86 nei primi Apaches, quelli bianco-rossi, poi ho giocato nei Renegades per un paio di anni per poi rifondare gli Apaches neri ed oro e da lì ho proseguito la mia carriera fino al ’95 in cui giocai la mia ultima stagione di football giocato con i primi Guelfi, che durarono un solo anno, e che furono l’ultima squadra prima del mio ritiro.
Nel 2001 fui chiamato poi dai Guelfi per entrare nel coaching staff, anche se la prima vera stagione completa è stata l’anno dopo nel 2002 per poi continuare fino al 2010 salvo prendere una piccola pausa di un paio di anni e tornare nel 2013.
In questi quasi venti anni come allenatore dei Guelfi penso che tu abbia un sacco di ricordi, ma se dovessi scegliere i più belli, quali sarebbero?
Probabilmente sarebbe troppo facile dire le due finali vinte, ma abbiamo avuto tanti bei campionati, quindi penso che anche le finali che poi abbiamo perso sono un bel ricordo per il percorso che ci ha portato a giocarci la finale, anche perché quando gli avversari sono più forti è giusto accettare la sconfitta.
Da allenatore poi non sempre la soddisfazione maggiore è quella di vincere il titolo, poiché talvolta si ottengono delle soddisfazioni enormi nel vedere ragazzi che migliorano tanto, diventando giocatori veri quindi sì, vincere è quello per cui lavoriamo tutti, ma le soddisfazioni per un allenatore non arrivano solo dalle vittorie in campionato.
Ecco, dato che ne hai visti passare di giocatori in questi anni, se tu mi avessi dire un giocatore di cui sei veramente fiero del percorso che ha avuto, chi sarebbe?
Me ne vengono in mente tanti per fortuna, poi fare un nome e scordarsene un altro è sempre brutto; io ho sempre lavorato e privilegiato il concetto di squadra: si vince tutti insieme e si perde tutti insieme. Ci sono stati dei giocatori longevi, che hanno fatto le fortune dei Guelfi, che io magari ho lasciato come compagni e ho poi ritrovato come miei giocatori per tanti anni ancora e ci sono stati giocatori che sono arrivati dopo che si sono distinti per un periodo più breve o più lungo. Nel football poi si nota di più chi ha a che fare con il pallone, quindi magari ci sono dei ruoli più “oscuri” e nascosti rispetto ad altri che sono poi invece fondamentali, per i quali la gloria è stata minore; per esempio nei Guelfi del periodo della terza e seconda divisione c’è stato un gruppo di tre giocatori che ha fatto tutto il percorso che sono stati il nucleo forte della linea d’attacco di Firenze quindi penso sia poco generoso citare un nome rispetto ad un altro, anche perchè io sono uno che tiene a tutti i miei giocatori e creo un legame con tutti loro.
Cosa è importante per te in un giocatore di football; cosa lo fa spiccare rispetto ad un altro magari?
Deve volersi migliorare in tutti gli aspetti: è uno sport che richiede grande preparazione fisica, sia in campo che soprattutto in palestra, è uno sport che nella parte fisica richiede esplosività per quanto riguarda la parte fisica; è inoltre importantissima la parte mentale: un ottimo giocatore per essere definito tale deve avere una grande conoscenza del gioco, un’eccellente conoscenza delle sue tattiche di gioco quindi bisogna lavorare duramente da un punto di vista atletico, fisico e bisogna acquisire una grande conoscenza del gioco. Non basta essere un grande atleta, ovviamente si è avvantaggiati, ma senza la parte di conoscenza del gioco non si potrà mai diventare grandi.
Vedendo il roster attuale dei Guelfi, chi prenderesti per far fare il salto di qualità definitivo ai Guelfi?
Penso che due giocatori come Giuliano Belli e Gianluca Mannatrizio sarebbero fondamentali, due giocatori che se fossero nel loro “prime” potrebbero ampiamente dire la loro e farci molto comodo, dimostrandosi ancora una volta due dei pilastri fondamentali della storia dei Guelfi
E invece guardando al football italiano in generale, cosa manca per il salto di qualità?
La risposta banale sarebbero i soldi, ma in realtà la situazione è un pò più complessa; in Italia tutti gli sport a differenza del calcio, durano molta fatica per ottenere visibilità e se si pensa gli sport non professionistici, che si mantengono grazie alle piccole sponsorizzazioni, perché non parliamo di milioni di euro, si capisce che anche gli sponsor fanno fatica a tirare fuori i soldi per le squadre non avendo poi la visibilità che può dare qualcos’altro, dato che nei media si parla poco e nulla del football americano.Paradossalmente negli anni ’80 si vedeva molto di più il football in televisione e purtroppo oggi tanti sport oltre al football sono in ribasso, come ad esempio il basket, il tennis, lo sci, in cui dopo gli anni di Tomba eroe nazionale se ne parla sempre meno.
Quindi noi tendiamo ad essere come paese, più tifosi che sportivi, ci piace vincere e quando non ci sono atleti che vincono ci si dimentica quasi degli altri sport, come ad esempio per i ragazzi e le ragazze dell’atletica, di cui ci ricordiamo ogni quattro anni per le Olimpiadi.
Il nostro poi è uno sport veramente impegnativo che richiede attrezzature, campi adibiti ed in cui si arriva a gestire anche quaranta atleti contemporaneamente quindi anche le risorse economiche sono fondamentali. Probabilmente con la visibilità giusta si potrebbe arrivare a buoni risultati, come successo per altri sport negli anni scorsi.
Un saluto ai tifosi dei Guelfi!