Nei giorni passati ci siamo sbizzarriti sui social nel nominare le formazioni del decennio dei Guelfi Firenze, terminando poi con le “honorable mentions” ed il plebiscito in favore di Coach Art Briles, eletto Head Coach dei team. Fra questo gruppo di pochi meritevoli che sono riusciti ad andare oltre il proprio ruolo, elevandosi grazie alle loro azioni simbolo e ad un’incredibile costanza di rendimento nel corso delle stagioni, ad uno status superiore, vi sono 5 protagonisti che hanno scolpito il proprio nome in entrambi gli schieramenti “All Star” che hanno diviso in due il ventennio di attività gigliata nel football americano: Ugo Arcangeli, Alessandro Dallai, Gianluca Mannatrizio, Guido Parronchi e Christian “Death” Petrucci.
Proprio a queste leggende del team viola abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di speciale relativo agli anni trascorsi con l’armatura indosso ed il giglio sul casco.
Che sensazione ti fa essere il quarterback del ventennio guelfo? Cosa di quelle partite cerchi di trasmettere ai giovani che alleni?
Ugo Arcangeli (QB): “Sicuramente è una soddisfazione e fa molto piacere ma non ho mai giocato a football per i riconoscimenti. Mi spiego: il football mi ha preso anima e corpo fin dal primo giorno e per 33 anni mi sono allenato ed ho giocato mosso dalla passione. Ovviamente ci sono stati momenti di grande delusione sportiva ed altri di immensa gioia ma alla fine quello che mi faceva prendere la bora per andare al campo o svegliare presto per una lunga trasferta, è stata la passione. Io lo sport lo vive a 360° e per 365 giorni l’anno, senza che il mio ardimento deperisca in caso di difficoltà. Delle partite giocate cerco di trasmettere principalmente due cose: La prima è che ognuno devo meritare col sudore, l’abnegazione, l’allenamento, lo studio e la conoscenza il diritto di poter scendere in campo con la maglia dei Guelfi. A me è successo per tanti anni di essere l’unico QB che potesse scendere in campo ma potevi scommettere le tue ultime mille lire che avrei lavorato duro come se davanti a me ne avessi avuti altri 10. Eccellere deve essere una voglia che non ti abbandona mai. La seconda cosa che cerco di trasmettere ai ragazzi è che questi momenti non saranno per sempre, quindi vanno vissuti nel miglior modo possibile. Non parlo solo di livello della prestazione ma anche di atteggiamento e rispetto verso tutto quello che fa parte del mondo del football. Dagli allenatori ai compagni di squadra, dagli arbitri agli avversari, dalle famiglie e tutti i tifosi che seguono la nostra società. Lavorare con i giovani rappresenta una grande sfida soprattutto per quanto riguarda il saper usare il football come scuola di vita. I risultati delle competizioni sono come le montagne russe, si sale e si scende, quello che conta è cosa, quanto e come dai al Football!”.
Essendo in entrambe le squadre del decennio vorrei sapere il tuo più bel ricordo 2000-09 e 2010-19:
Gianluca Mannatrizio (WR): “2003, Nine Bowl all’Artemio Franchi di Firenze. 6.000 spettatori in un clima mai più rivissuto in tutta la mia carriera sportiva: vittoria del campionato, MVP della gara ed oltretutto ero in attesa della nascita di mia figlia, un ricordo indelebile. 2016, 4° di campionato di Prima Divisione contro i Warriors Bologna, prima vittoria nella massima serie con il risultato di 39-6 e touchdown segnato. Una grande soddisfazione per società e squadra dopo quindici anni di percorso sempre in ascesa. In più, a livello personale, la gioia di tornare ad essere un fattore in seria A a 43 anni, un sentimento che porterò per sempre con me”.
Centro, capitano e simbolo del ventennio guelfo. Ci diresti i grandi punti di forza delle formazioni 2000-09 e 2010-19?
Alessandro Dallai (C): “Alla luce di tutto sarebbe stato più giusto dividere almeno ogni 5 anni per citare più fratelli Guelfi che hanno comunque dato tanto. Sicuramente nel primo decennio la nostra forza era data dall’entusiamo della rinascita, voluta soprattutto da un gruppo di amici. A questo si sommava un altissimo livello di preparazione tecnica e tattica, merito di un coaching staff preparato e sempre alla ricerca di evoluzione. Siamo stati tra i primi, o forse i primi in assoluto a livello nazionale, ad usare il west coast offense. La seconda decade ha tratto la sua forza dal voler raggiungere nuovi obbiettivi come squadra ma soprattutto come società, investendo tempo e denaro per fornire sempre nuovi stimoli e sfide ai ragazzi per riuscire a scrivere un pezzo di storia del nostro sport, nella nostra Firenze”.
Un ventennio da leader della difesa guelfa. Chi di quei giocatori del passato avresti voluto con te in Prima Divisione?
Christian “Death” Petrucci (LB): “Tutti loro avrebbero meritato di essere con me in Prima Divisione. Ricordo che nel 2005, quando vincemmo il Silver Bowl in Seconda Divisione, ci venne detto che il roster della nostra squadra valeva senza alcun dubbio la massima serie. Sinceramente sarebbe stato bello poter schierare una 3-3-5 in Prima Divisione potendo contare su un Guido Parronchi al massimo della sua forma da alternare a Tubbini, Gianni e Giorgi a mettere pressione attaccando la linea avversaria dall’esterno, un trio di LB composto dal sottoscritto assieme a Max Innocenti e Andrea “Super” Benoni e su giocatori molto importanti nella secondaria come Camilli, Paciaroni, Morelli, Martelli e Dinelli da mixare con i più giovani. Assieme agli atleti che mi hanno accompagnato in questo ventennio siamo stati per 4 volte la miglior difesa del campionato, non proprio una cosa che capita a tutti”.